I benefici del fallimento e l’importanza dell’immaginazione

Benefici del fallimento e importanza dell’immaginazione: questi sono i due temi che hanno caratterizzato la carriera di J. K. Rowling e che l’autrice della saga di Harry Potter ha deciso di condividere con i neolaureati di Harvard del 2008 nel “discorso di commiato”.

Benefici del fallimento e importanza dell’immaginazione: questi sono i due temi che hanno caratterizzato la carriera di J. K. Rowling e che l’autrice della saga di Harry Potter ha deciso di condividere con i neolaureati di Harvard del 2008 nel “discorso di commiato”.

Vi propongo una panoramica del discorso, i cui consigli possono essere di ispirazione e incoraggiamento per tutti.

La Rowling inizia raccontando la propria esperienza scolastica. I suoi genitori provenivano da ambienti poveri e ritenevano la scrittura una stravaganza che non avrebbe mai permesso di pagare un mutuo, ma la Rowling si è laureata in lettere classiche non ascoltando i suoi genitori. Il primo tema che analizza è il fallimento: “Ognuno deve decidere da sé cosa considera un fallimento, benché il mondo sia piuttosto ansioso di fornirti un insieme di criteri”. Forse vi starete chiedendo quali sono i benefici del fallimento? La Rowling risponde: “Il fallimento mi costrinse ad eliminare tutto ciò che era superfluo. È impossibile vivere senza fallire in qualcosa, a meno che non viviate così prudentemente che tanto varrebbe non vivere affatto… in quel caso si fallirebbe in partenza”. Anche l’immaginazione ha avuto un ruolo molto rilevante per lei. “L’immaginazione non è soltanto la capacità di figurarsi ciò che non esiste ma è anche la forza che ci consente di provare empatia per esseri umani di cui non abbiamo mai condiviso esperienza Joanne, infatti, ha lavorato diversi anni presso Amnesty International (associazione che lotta per la difesa dei diritti umani) e ricorda la crudeltà con cui ogni giorno bisognava combattere. “Gli esseri umani possono immaginarsi al posto degli altri, ma molti decidono di non utilizzare la loro immaginazione e scelgono di rimanere comodamente entro i confini della loro esperienza, senza mai prendersi il disturbo di domandarsi come si sentirebbero se fossero nati diversi da quelli che sono. Chi sceglie di non mettersi nei panni altrui diventa complice di un atto di esplicita crudeltà.” Conclude il discorso con le parole del filosofo romano Seneca: “Come un racconto, così è la vita: non importa che sia lunga ma che sia buona”.

Articolo scritto per Uscita di Emergenza – Gennaio 2019