Il XXI secolo è il teatro di un nuovo interessante scontro: l’intelligenza artificiale contro l’arte. Ma, è veramente uno scontro o forse piuttosto un’incredibile alleanza che apre le porte a nuove forme di espressione artistica?
Iniziamo col dare uno sguardo a cosa significa “Intelligenza Artificiale”. L’IA è un campo di studio dell’informatica che si preoccupa di creare algoritmi e macchine capaci di eseguire compiti che normalmente richiederebbero l’intelligenza umana. Ma come si intreccia tutto questo con l’arte?
Beh, le IA sono capaci anche di creare arte. Sì, avete letto bene. Tramite l’apprendimento automatico e l’apprendimento profondo (deep learning), gli algoritmi riescono a generare opere d’arte originali, imparando dagli stili artistici passati e presenti per creare qualcosa di nuovo. Questo fenomeno è spesso chiamato “Computational creativity” o “Creatività computazionale”.
Un esempio lampante di ciò è “Portrait of Edmond de Belamy“, un’opera d’arte creata da un algoritmo di intelligenza artificiale del collettivo artistico francese Obvious e venduta all’asta da Christie’s nel 2018 per 432,500 dollari.
Ma qui si apre il dibattito. Può l’IA veramente essere considerata creativa? Può davvero competere con l’arte umana, che nasce da emozioni e esperienze personali? E ancora, è giusto considerare le opere generate da un algoritmo come “arte”?
La risposta non è semplice, ma è innegabile che l’IA sta dando vita a un nuovo modo di creare e interpretare l’arte. Essa non cerca di sostituire l’artista umano, ma di diventare uno strumento attraverso il quale gli artisti possono esprimersi in modi precedentemente inimmaginabili.
Io, ad esempio, non sono mai stato bravo a disegnare. Ma con l’avvento dell’IA posso creare anche io nuove opere. Utilizzo l’intelligenza artificiale come uno strumento che amplia le mie possibilità creative, consentendomi di esplorare un territorio che una volta mi sembrava irraggiungibile. Non importa se non sono un artista tradizionale, l’IA mi dà la libertà di creare e di scoprire il mio potenziale artistico. È un nuovo capitolo nel mondo dell’arte che mi permette di trasformare le mie idee in opere uniche e personali, rendendo la creatività accessibile a tutti, indipendentemente dalle loro abilità artistiche pregresse.
Gli artisti stanno sperimentando l’uso dell’IA nelle loro opere, combinando le loro abilità creative con la capacità dell’IA di elaborare enormi quantità di dati e di apprendere da essi. L’IA può generare nuove idee, nuove forme, nuovi stili che l’artista può poi adattare e incorporare nel suo lavoro.
C’è da dire che l’arte creata dall’IA può mancare di quella profondità emotiva e quel senso di identità che è intrinseco nell’arte umana. Tuttavia, l’uso dell’IA nell’arte può portare a nuove interpretazioni e nuovi modi di vedere il mondo, aprendo la strada a un futuro artistico incredibilmente stimolante. Il compito di inserire le emozioni nell’arte resta a noi.
L’avvento dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte non è esente da controversie e conflitti, in particolare in materia di diritto d’autore.
Il fulcro del problema risiede nel modo in cui le IA imparano a “creare” arte. Gli algoritmi di apprendimento automatico, come le reti neurali, vengono “addestrati” su grandi dataset che spesso includono opere d’arte esistenti. L’algoritmo analizza questi dati, apprende gli schemi e le tecniche, e poi crea nuove opere basate su ciò che ha appreso.
E qui sorge la questione: se un’IA usa un’opera d’arte come parte del suo training set, e poi crea un’opera che somiglia in qualche modo a quella originale, sta violando il diritto d’autore dell’artista originale? Chi è il vero “autore” dell’opera d’arte creata dall’IA: l’algoritmo, il programmatore dell’algoritmo, l’artista originale o una combinazione di tutti e tre?
Queste sono domande complesse che la legge attuale non è attrezzata a risolvere. Le leggi sul copyright sono state scritte molto tempo prima che l’IA diventasse una realtà, e non considerano la possibilità che una macchina possa creare un’opera d’arte.
Un ulteriore livello di complessità si aggiunge quando si considera il fatto che le IA non solo creano opere d’arte, ma possono anche essere programmate per copiare specifici stili artistici. Ad esempio, un algoritmo può essere addestrato a creare immagini che imitano lo stile di Van Gogh o Picasso. Ciò solleva la questione di dove si trova il confine tra ispirazione e imitazione, e se un algoritmo che copia lo stile di un artista sta violando i diritti di quel artista.
Siamo di fronte a un nuovo e stimolante terreno di scontro, che richiede un’ampia riflessione e la creazione di nuove norme e regolamenti. L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando l’arte e, come ogni rivoluzione, porta con sé sia sfide che opportunità. È un argomento che richiede la nostra attenzione, poiché le decisioni che prenderemo oggi avranno un impatto significativo sulla direzione che l’arte prenderà nel futuro.
La generazione Z e i millennials si trovano a dover navigare in questo nuovo paesaggio artistico, un compito sia eccitante che impegnativo. La chiave potrebbe essere l’apertura verso nuove possibilità, il rifiuto di limiti predefiniti tra “umano” e “artificiale”, e la consapevolezza che l’arte, come sempre, è un campo in costante evoluzione.
Non dobbiamo temere l’intelligenza artificiale nell’arte, ma accogliere questa nuova frontiera come un’opportunità di esplorare nuove forme di creatività. Ricordiamo che, in fondo, l’arte è un’espressione di noi stessi e del nostro tempo. E l’IA, con tutti i suoi dilemmi e potenziali, è sicuramente una grande parte del nostro tempo.