The Social Dilemma è il docudrama distopico che mostra gli aspetti negativi della tecnologia. Ma siamo sicuri che sia così distopico?
The Social Dilemma è un docudrama diretto da Jeff Orlowski. Presentato prima al Sundance Film Festival 2020, The Social Dilemma è stato pubblicato su Netflix il 9 settembre 2020. Il film esplora l’affermazione dei social media e il danno che hanno causato alla società, concentrandosi sullo sfruttamento degli utenti per scopo di lucro.

Nel film sono presenti interviste con numerose personalità del settore tecnologico. Ad esempio, l’ex esperto di etica del design di Google e co-fondatore del Center for Humane Technology Tristan Harris, il suo collega Aza Raskin, il co-fondatore di Asana e il co-creatore del pulsante Mi Piace di Facebook Justin Rosenstein e molti altri. Le interviste sono montate con drammatizzazioni degli attori Skyler Gisondo, Kara Hayward e Vincent Kartheiser che raccontano la storia di teenager dipendente dai social media.
Due anni fa, ho scritto un articolo riguardo l’eccessiva presenza di Instagram nella nostra quotidianità. Un anno dopo è uscito The Social Dilemma. L’ho guardato, ho preso appunti e fatto ricerche. Ecco il risultato. Buona lettura!
Tra le personalità che troviamo all’interno del documentario c’è Tristan Harris, imprenditore e informatico americano. Si è laureato a Stanford, dove ha studiato etica della persuasione umana. È presidente e co-fondatore, insieme al suo amico Aza Raskin, del Center for Humane Technology, un’organizzazione focalizzata sull’etica della tecnologia. In precedenza, ha lavorato come esperto di design in Google. Nel documentario racconta della sua esperienza in Google e della sua chiamata alle armi contro la dipendenza.
Vorrei far capire a tutti come funziona, perché non dovrebbero saperlo solo gli “addetti ai lavori”. Quando lavoravo per Google ebbi un esaurimento nervoso. Mi resi conto che nessuno lì stava lavorando sulla dipendenza di questi servizi, perfino io ero dipendente da Gmail. Ho provato a fare una chiamata alle armi da cui nacque una riflessione collettiva. E poi? Nulla.
Nel corso degli anni ci sono stati cambiamenti significativi. I social Network hanno preso vita propria. Già nel 2006 L’investitore americano Roger McNamee aveva intuito le potenzialità di Facebook. Consigliò a Mark Zuckerberg di non concluderne la vendita a Yahoo per 1 miliardo di dollari. Si creò un’amicizia tra i due che però si ruppe quando Roger si accorse che, con il caso Brexit e con l’elezione del presidente Donald Trump, stava avvenendo qualcosa di strano sulla piattaforma. Da allora, si è trasformato in uno dei più fieri critici delle pratiche di Facebook. Roger sostiene che negli ultimi anni si vendono utenti e non più prodotti. Anche l’imprenditore Aza Raskin si trova d’accordo con Roger, affermando che noi non paghiamo per i prodotti che usiamo perché lo fanno gli inserzionisti per noi. Le società competono per la nostra attenzione e studiano come ottenere la tua attenzione per il maggior tempo possibile. La nostra attenzione è il prodotto che viene venduto.
Hanno più informazioni su di noi di quando si creda possibile. Il successo degli inserzionisti è possibile solo con i nostri dati. Facebook non vende i nostri dati, ma costruisce modelli che predicono le nostre azioni. Facendo così, Facebook ci conosce alla perfezione e conosce i nostri interessi. Tutto quello che facciamo online viene osservato, tracciato e valutato con tre obiettivi: coinvolgimento (per aumentare l’utilizzo della piattaforma), crescita (per aumentare gli utenti) e pubblicità (per aumentare il guadagno). Gli algoritmi decidono cosa mostrarti per far sì che questi numeri continuino a crescere.
I social creano dipendenza poiché il nostro imperativo biologico primario è quello di connetterci con gli altri e questo influisce direttamente sul rilascio di dopamina. Inoltre, i social prendono il controllo della nostra autostima e della nostra identità. Ci siamo evoluti in modo che ci interessi il parere delle altre persone.
Secondo una recente inchiesta del Wall Street Journal, Facebook sa che Instagram è dannoso per le ragazze adolescenti. Negli ultimi tre anni, Facebook ha condotto studi su come la sua app di condivisione di foto influisce sugli adolescenti. Ripetutamente, i ricercatori dell’azienda hanno scoperto che Instagram è dannoso per molti di loro, in particolare per le ragazze adolescenti. In pubblico, Facebook ha costantemente minimizzato gli effetti negativi dell’app sugli adolescenti e non ha mai reso la sua ricerca pubblica o disponibile per gli accademici o i legislatori che l’hanno richiesta. I documenti mostrano anche che Facebook ha fatto sforzi minimi per affrontare questi problemi e li minimizza in pubblico.
Questi documenti fanno parte di una miniera di comunicazioni interne esaminate dal Journal che offrono un quadro senza precedenti di come Facebook sia acutamente consapevole del fatto che i prodotti e i sistemi centrali per il suo successo aziendale falliscono regolarmente. L’inchiesta rientra nell’indagine del WSJ “the facebook files”, una serie che analizza questi documenti e che offre uno sguardo senza precedenti sui fallimenti di Facebook e della sua riluttanza o incapacità di affrontarli.
Domenica scorsa, nel corso del programma televisivo 60 Minutes, Frances Haugen, ex dipendente di Facebook, ha rivelato di essere la whistleblower (segnalatrice di illeciti) di queste inchieste.
La cosa che ho visto dentro Facebook più e più volte era che c’erano conflitti di interesse tra ciò che era utile per le persone e ciò che era utile per Facebook. E Facebook, più e più volte, ha scelto di ottimizzare i propri interessi, come fare più soldi.
Il portavoce di Facebook Nick Clegg ha definito le accuse di Frances Haugen fuorvianti, sottolineando che Facebook rappresenta tutto il buono, il brutto e il cattivo dell’umanità.
Lavoriamo duramente per mitigare il male e ridurlo, amplificando allo stesso tempo il bene
Anche Mark Zuckerberg ha replicato:
Noi ci preoccupiamo profondamente di questioni come la sicurezza, il benessere e la salute mentale. È difficile vedere una copertura che rappresenta in modo errato il nostro lavoro e le nostre motivazioni. Al livello più elementare penso che molti di voi non riconoscano la falsa immagine della società che è stata dipinta.
Intanto Adam Mosseri, responsabile di Instagram, ha comunicato di aver messo in pausa lo sviluppo di Instagram Kids, la versione del social per i bambini di età inferiore ai 13 anni.
Si sta condizionando un’intera generazione (la gen z, nati tra il ‘95 e il 2010) a pensare che quando ci sentiamo soli o a disagio c’è un ciucco digitale, si tratta della prima generazione ad essere approdata sui social già alle medie. Costruiamo la vita attorno all’idea di perfezione percepita, perché veniamo ricompensati attraverso like, cuori e pollici e li confondiamo con la realtà. Ma si tratta di una popolarità finta, fragile e a breve termine.
È importante ricordare che la tecnologia è più veloce dell’essere umano, noi viviamo dentro un hardware che ha miliardi di anni. Quando si pensa ad un’intelligenza artificiale che distrugge il mondo si pensa a Terminator, quello che le persone non capiscono è che le intelligenze artificiali stanno già governando. L’intelligenza artificiale è un insieme di algoritmi, opinioni integrate in un codice, dove viene assegnato un obiettivo e il computer trova il modo per raggiungerlo. È proprio quello che fanno gli algoritmi utilizzati dai Social. Netflix, ad esempio, usa degli algoritmi per consigliarti contenuti che potrebbero piacerti, in modo tale da prolungare la permanenza sulla piattaforma.
Ci aspettiamo tutti il momento in cui la tecnologia sovrasterà l’intelligenza umana. Ma c’è stato un momento in cui la tecnologia ha fatto scacco matto all’umanità, superando e sovrastando le debolezze umane.
Con il tempo si ha la falsa sensazione che tutti siano d’accordo con te, perché tutti nella tua bacheca la pensano come te. In quello stato, sei facilmente manipolabile. Smettiamo di essere individui oggettivi e costruttivi.
Esattamente come un trucco di magia: puoi scegliere la carta ma alla fine decide il mago cosa farti vedere. L’autore di fantascienza e inventore britannico Arthur C. Clarke disse:
Una tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.
La maggior parte di queste problematiche esiste anche nella tv via cavo, Internet è solo un modo nuovo più efficiente per fare questo.
I social aumentano la polarizzazione della società. Gli algoritmi incidono anche nella diffusione di teorie complottistiche. Ad esempio, hanno avuto incidenza anche nella diffusione della teoria del Pizzagate del 2016, secondo il quale esisterebbe un collegamento tra alti funzionari del partito democratico americano e diversi ristoranti statunitensi a un presunto traffico di esseri umani e abuso di minori. Un uomo indagando sul presunto complotto, ha fatto fuoco con un fucile all’interno di un ristorante.
Semplici teorie complottistiche sul web che portano a conseguenze nella vita reale. Oggi sta convincendo loro che la terra è piatta, domani convincerà te di qualcosa di falso. Le persone non hanno più idea di cosa sia vero.
Secondo uno studio del MIT, le notizie false circolano 6 volte più veloci delle notizie vere. I social amplificano le sciocchezze e le dicerie al punto di nascondere la verità. Ma perché? Beh, le informazioni false fanno guadagnare più soldi alle aziende. La verità è noiosa e non attraente.
David Rand, professore del MIT che si occupa di disinformazione, ha dichiarato alla CNN:
In particolare, quando le persone si affidano all’intuito e alle emozioni è più probabile che credano ad asserzioni false. Affermazioni che incutono paura, ad esempio, rendono le persone meno inclini a fermarsi a riflettere.
Oggi non è solo il Covid-19 a diffondersi ma anche la disinformazione a riguardo. Dalle reti 5G e Bill Gates come responsabili della pandemia globale di coronavirus alla sua creazione in laboratorio.
Approfondimento: Perché le teorie del complotto sul COVID-19 si diffondono più velocemente della pandemia?
I social network sono i più grandi mezzi di persuasione. Immaginatelo ora nelle mani di un dittatore o di un governo autoritario. Facebook, attraverso un rapporto indipendente, ha ammesso di avere avuto un ruolo nelle campagne d’odio e razziste in Myanmar ma ha rifiutato di assumersi le responsabilità per le violenze nate in seguito alle notizie false pubblicate attraverso la sua piattaforma.
Immaginate ora un mondo dove nessuno crede a niente. Non bisognerebbe fidarsi di nessuno.
Di recente è stato scoperto che Facebook ha fornito dati incompleti ai ricercatori. Il primo ad aver individuato l’errore nei dati è stato il professore dell’Università di Urbino Fabio Giglietto, che ha scoperto l’inesattezza dopo aver confrontato i dati sui post più importanti della piattaforma che Facebook ha rilasciato pubblicamente il mese scorso con i dati che l’azienda aveva fornito esclusivamente ai ricercatori. I due set di dati erano diversi. È la seconda volta nelle ultime settimane che ricercatori e giornalisti hanno riscontrato discrepanze nei set di dati forniti da Facebook. Alla fine di agosto, il quotidiano Politico ha riferito che migliaia di post dei giorni prima e dopo i disordini del 6 gennaio a Capitol Hill erano scomparsi da CrowdTangle, uno strumento di analisi di proprietà del social network utilizzato da giornalisti e ricercatori.
Questo mina la fiducia che i ricercatori possono avere in Facebook
Cody Buntain, assistente professore e ricercatore presso il New Jersey Institute of Technology.
Ma quindi, la tecnologia è una minaccia esistenziale? No, non è la tecnologia ad essere una minaccia. La tecnologia ha l’abilità di tirare fuori il peggio della società. Quando veniva creato il pulsante Mi Piace l’obiettivo era diffondere positività nel mondo, non depressione e polarizzazione. Nessuno di loro voleva creare qualcosa di negativo.
“È la parte peggiore della società ad essere la minaccia esistenziale”.